sabato 4 dicembre 2010

Il debito pubblico spiegato in poche righe anche per i non economisti

Vorrei pubblicare anche qui un post scritto sul blog Bimboalieno che, in poche righe, spiega che cosa sia queso benedetto debito pubblico, in un linguaggio comprensibile anche a chi non ha studiato economia nella vita. Il titolo del post è "Debito o Buco", che potrete trovare a questo indirizzo.

Proviamo a chiarire alcune cose sul quantomai caldo tema del debito pubblico: tanto per cominciare, a cosa serve?
Il debito pubblico serve a finanziare gli investimenti infrastrutturali di lungo termine dello Stato (strade, ponti, ospedali…).
Ma serve? Sì. Esiste una soglia di efficienza del debito: se costruisco subito strade e ponti facendo un debito, il più veloce giro d’affari che si sviluppa grazie alle infrastrutture rende utile indebitarsi prima che aspettare di reperire i fondi in un contesto privo di quelle infrastrutture. Oltre la soglia di efficienza il debito divente eccessivo ed il suo costo supera il beneficio che porta.
A chi dobbiamo quei soldi? A chi ci ha concesso credito, comprando i Titoli di Stato.
Come si arriva al default, all’insolvenza, al fallimento? Tecnicamente si è insolventi quando non si hanno le risorse per rimborsare un debito alla sua scadenza (ad esempio un BOT o un BTP), nella pratica non è così: nessun Paese è in grado di rimborsare un titolo di Stato alla sua scadenza.
Come sarebbe a dire? Beh, è abbastanza naturale: che senso avrebbe emettere un BTP mettiamo decennale e passare 10 anni ad accantonare riserve liquide per il suo rimborso? Per mantenere più elevata l’efficienza di quel debito lo Stato deve utilizzare quella liquidità, che via via riesce ad accantonare, per investire, costruire, ristrutturare…
Ma allora cosa succede alla scadenza di un titolo di Stato? Semplicemente lo Stato ne emette uno nuovo. chiede denaro a dei nuovi creditori e con l’incasso paga la scadenza del titolo precedente.
In sintesi potremmo dire che la capacità di rimborso, la distanza dal default, sia banalmente la capacità di emettere nuovo debito e vederselo accogliere dal mercato.
E cosa occorre fare per essere ben accetti dal mercato? Occorre avere credibilità (da non confondere con la credulità, che appartiene agli elettori), ovvero bisogna che il mercato percepisca il minor rischio possibile nella nuova emissione. Un requisito molto importante è avere un deficit moderato. Perché? Il deficit è la differenza tra uscite ed entrate nelle partite annue dello Stato, dunque un alto deficit segnala che le spese correnti sono molto più elevate delle entrate e di conseguenza lo Stato rischia di dover fare nuovo debito per coprire la maggior spesa che non riesce a coprire con le entrate. Di anno in anno.
Comprare un titolo decennale o ancor più lungo di un Paese con molto deficit è dunque rischioso, per farlo sottoscrivere occorrerà offrire un tasso più elevato del normale, facendo salire la spesa pubblica.
Se si riesce a tenere un livello di deficit molto contenuto, il livello di debito dello Stato Italiano (attualmente circa il 120% del PIL) seppur spaventevole (e costoso: l’Italia paga quasi 80 mld € all’anno solo di interessi) potrebbe anche essere gestibile, con l’obiettivo di sgonfiarlo con calma e senza shock.
Un altro elemento importante è la domiciliazione del debito: l’Italia ha entro i propri confini il 55% del proprio debito, è un buon dato, seppur non eccellente. Perché è importante? perché in caso di scarsa risposta del mercato lo Stato può chiedere uno sforzo alle banche locali perché rinnovino con generosità la loro parte, così da concentrarsi solo sulla rimanenza detenuta all’estero.

Cosa grava oggi sul debito italiano? Oggi il mercato teme molti elementi: l’incertezza politica non aiuta, poi c’è il deficit al 5,5% del PIL da far rientrare entro il 2013 su valori tra il 2% e il 3%, il che significa un taglio della spesa (o maggiori tasse) per almeno 36 mld € annui. Poi c’è la forte dipendenza del nostro PIL dalla spesa pubblica: il 53% del PIL italiano dipende da questa, quindi il taglio del deficit comporta minor crescita di PIL, o forse -di nuovo- decrescita, meglio nota come recessione. Da ultimo aggiungerei l’impossibilità di svalutare, visto che siamo (fortunatamente) nell’euro.

Posto che di uscire dall’euro non è il caso di parlarne (e comunque la procedura è piuttosto lunga, mi sono documentato per sfizio) quello che l’Italia deve fare per tenere lontani i lupi della speculazione e non far impennare i propri CDS è:

  • operare in modo rigoroso una politica di contenimento della spesa e forse di maggior capacità di raccolta fiscale (che poi siano maggiori accertamenti per cercare evasori o semplicemente maggiori tasse è un altro discorso).
  • cercare di contenere entro i confini nazionali la maggior mole di debito possibile, e questo spiega la mia battuta del 4 giugno scorso
  • dimostrare che la situazione politica non è fuori controllo e che esiste la capacità di legiferare nel Parlamento
ah, dimenticavo: sarà meglio farle in fretta queste cose, che qui si scende del 2% e passa al giorno…




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