giovedì 11 febbraio 2010

Una discarica chiamata università




TESTIMONIANZA DI COME L'UNIVERSITA' ITALIANA (E L'ITALIA) STIA ANDANDO A ROTOLI


L'Italia, l'università, il futuro. Andarsene da una nave che affonda.

Ed è ancora uno l'esame che, mi duole dover pronunciare queste parole, "come al solito" si è svolto in modo irregolare, confuso, e con problematiche che lasciano ben poco spazio di parola agli studenti.
Non servirà, né è necessario, fare nomi, cognomi. Semplicemente la situazione è sotto gli occhi di tutti.
Documentata, sia chiaro, non sono solo voci. Abbiamo prove: fisiche e tangibili.
Ma non è la sede per mostrarle.

La situazione dell'università italiana è a dir poco allarmante.
Semplicemente, la qualità non esiste più.
Il valore del proprio lavoro, come studente, viene snaturato da disinteresse, disorganizzazione, e disimpegno degli insegnanti e dell'amministrazione stessa. La cosa diventa palese quando si vede proprio chi lavora bene, purtroppo la minoranza, a confronto di chi invece non si comporta in modo rispettoso.

Per chiarire la mia posizione, vorrei darvi alcune informazioni sul mio "curriculum" universitario. Non lo dico per vantarmi, ma è per far capire che chi parla non è uno che passa la giornata a scaldare la sedia.
Media del 28,4. Borsista. Lavoratore part-time da 4 anni, cioè dal primo istante in cui ho potuto lavorare. Mi occupo anche di altri "hobby" come la musica.

Ebbene. Su 9 esami sostenuti, ben in 4 si sono verificate situazioni a dir poco imbarazzanti.
1 in un esame il professore è uscito dall'aula durante la prova d'esame, per non tornare.
2 in un esame si è sbagliato a consegnare i fogli, dovendo dilazionare i tempi per tutti, e creando un caos che ha fatto si che tutti potessero copiare o essere comunque facilitati.
3 un esame durato una giornata, senza sosta, in cui non si è potuto neanche mangiare, nella totale incertezza del proprio risultato, per poi ottenere meno di ciò che si sperava/poteva ottenere.
4 un esame inizialmente molto severo come cautele poi è proseguito nel totale disinteresse. I 6 che erano passati alla prova successiva potevano copiare come e quanto volevano.

Credete che tutto questo avvenga solo all'università? Solo in una? Vi sbagliate di grosso. La situazione è davanti agli occhi di tutti, al liceo come alle medie come in ogni università

E non è "il fannullone" di turno, che purtroppo, statisticamente, c'è sempre, che non sarebbe nemmeno un danno gravissimo, ma statisticamente siamo a più del 40% delle esaminazioni universitarie che lasciano a desiderare. Con questo passato, qualsiasi investitore, parlandone in termini economici, non investirebbe in un settore così... decadente.

L'università italiana è un "dog", qualcosa da cui vale la pena disinvestire.

Non compatisco nemmeno poi più di tanto Brunetta, Gelmini e soci. Perché cercare di riportare in vita qualcosa che è già morto? È antieconomico, lo capisco anch'io.
Dopo il '68 ci sono stati 10/20 anni in cui le cose funzionavano, a forza di mazzate sulle gambe e mattoni sotto i cerchioni. Ma oggi nessuno più spacca le gambe, nessuno più rimuove gomme.

Detto questo?
Tra un po' finiremo come la Romania, un paese di cui gli immigrati che giungono in Italia, quelli che lavorano, sono costretti a rifare tutti i corsi di studio perché la loro laurea qua non è contata.
Scommetto che tra 5, massimo 10 anni un laureato italiano non varrà come un laureato tedesco. Ci va bene che siamo in Europa, altrimenti sarebbe già successo.
Solo che il tracollo è inevitabile. Il giochino economico dei potenti è lo stesso: aumentiamo tassazioni indirette così aumentano i valori dei consumi, di conseguenza aumenta il PIL, perciò il rapporto debito pubblico/PIL diminuisce, così possiamo indebitarci di più e far credere di essere ricchi.
Ma in realtà non succede proprio niente: siamo sempre più indebitati, siamo sempre più sulll'orlo del tracollo, non produciamo e stiamo solo attendendo lentamente lo sfacelo.
Siamo come un malato terminale con la flebo: ma il sangue è marcio e non abbiamo più medicine.

Prepariamoci.


Io come faccio a prepararmi? Beh. Al momento ho la possibilità di seguire tre scelte di vita. E devo decidere entro settembre, ma sono già sicuro.
La prima: fare lo sciacallo di guerra e succhiare tutto dalla carcassa che muore. Non mi va, non è nel mio spirito.
La seconda: cercare di salvare l'Italia, rivoluzionando. Se non ci riesce Beppe Grillo, non ci riuscirò nemmeno io, non per fare facile disfattismo, ma perchè è palese.
La terza: andarmene. Doppia laurea con paese estero, in modo da salvarmi la faccia quando l'Italia sarà ancora di più lo zimbello del mondo. Più dell'Uganda. Quando l'Italia sarà l'Africa d'Europa. Andarmene con la prima tornata di immigrati "d'alto rango", insomma: abbandonare la nave che affonda.

Io scelgo la terza opzione. Non ho nessun motivo per rimanere qui. Ogni giorno ne ho conferma. Non ci credete? Potrei passare ore e ore a scrivere di tutte le mie esperienze, pur piccole, ma ahimé, quotidiane che mi stimolano a pensarla così.
E di esperienze ne ho avute: campo lavorativo amministrativo, dell'insegnamento, della scuola come studente, ludico, dello spettacolo. Sì, sono giovane, ma sono già fatalista come uno di 40 anni.

A mai più rivederci Italia. Io dalla nave che affonda scapperò il prima possibile, e vi conviene farlo anche VOI.

Questo perché come recita lo slogan con cui Grillo finisce i suoi post sul blog: "loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?), noi neppure". Ebbene, Grillo ha ragione: loro non si arrenderanno mai, non gli conviene affatto e lo sanno benissimo, ma tanto hanno 60/70 anni, ne vivranno ancora 20 al massimo di cui 15 di pensione, non gliene frega niente. Siamo noi che saremo nella merda, passatemi il termine.
Ci conviene agire in modo economico, alla Sun-Tzu. Limitare i danni e le perdite, puntando a un guadagno futuro.

Chi può (ma chi vuole davvero in realtà può sempre e comunque), se ne vada il prima possibile.


Autore: Kulz Langbard

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